Cos'è l'Emotional Eating?
Questo articolo di Silvia Nava ce lo spiega bene!
Nonostante
l’impegno e la forza di volontà, rendere duraturi gli effetti di una
dieta è spesso un’ardua impresa...ad un certo punto l’ago
della bilancia ricomincia a salire, e noi a chiederci dove e quando
abbiamo sbagliato.
La risposta? Emotional eating, più comunemente detta fame emotiva.
Si
tratta di un meccanismo che ci spinge a considerare il cibo come un
conforto, un’ancora cui aggrapparsi di fronte a emozioni e difficoltà.
Questo tipo di fame non nasce infatti per esigenze del corpo, bensì per
esigenze della mente.
A soffrirne sono in molti: persone
che per stare in forma si ripropongono di mangiare in modo sano e senza
eccessi, a pranzo si siedono giudiziose e determinate davanti a un
piatto di insalata, ma poi inspiegabilmente non
riescono a resistere a un dolce glassato.
Inutile dare la
colpa allo stomaco. In primo luogo perché, se si segue un regime
alimentare equilibrato e completo, è molto improbabile ridursi a una
fame tanto incontrollabile: un organismo sano può resistere a digiuno
senza problemi per 42 ore, figuriamoci per 2 o 3!
In secondo
luogo, la vera fame fisica manda sì impulsi molto forti, ma non verso
dolcetti e patatine. Basta pensare a ciò che si avverte dopo aver fatto
sport in modo intenso: il primo pensiero è fiondarsi su un piatto di
pasta o una bella bistecca, non su una merendina al cioccolato!
È
facile intuire quindi che lo stimolo è un altro. Una sorta di “fantasma
dello stomaco”, che inizia a inviare fastidiosi segnali nelle occasioni
più diverse: quando siamo sotto pressione per un esame o un lavoro
importante, quando siamo preoccupati per i figli usciti in motorino,
quando siamo arrabbiati con il partner o tristi per una delusione,
perfino quando scopriamo una multa sul parabrezza!
Le radici di
questo meccanismo vanno ricercate nei primissimi anni dell’infanzia,
quando il latte materno dava conforto ai nostri pianti nella culla.
Questo ci spingeva a considerare il cibo come soluzione a dolori e
dispiaceri, e inconsciamente l’equazione si ripropone anche in età
adulta.
Le sensazioni di disagio vengono registrate dal
cervello come segnali di difficoltà, e a questo punto la risposta
emotiva scatta immediata: lo stomaco brontola, la voglia di quella
brioches sale alle stelle… e la forza di volontà cede.
Poi, i sensi di colpa si
fanno sentire, ma sul momento sembra impossibile resistere, anche se non
è certo la prima volta. Questo perché, quando scatta la fame
emotiva, ogni barlume di razionalità scompare, sopraffatto dalla
necessità di un conforto immediato. È una sensazione molto simile a
quella provata dai fumatori nel momento di accendersi l’agognata
sigaretta, e al pari del fumo va considerata una dipendenza psicologica,
anche se meno dannosa.
Non si tratta però di una dipendenza irrisolvibile: riuscire a controllare la fame emotiva è possibile, ma ci vuole metodo.
In
primo luogo è necessario imparare a riconoscere la fame emotiva dalla
fame fisica, prestando attenzione alle 6 differenze tra le due. Eccole:
1.La fame fisica nasce piano e aumenta gradualmente, mentre quella emotiva scoppia all’improvviso con un’elevata intensità.
2.La fame emotiva richiede un’immediata soddisfazione con il cibo, mentre la fame fisica è più sopportabile e “paziente”.
3.La
fame fisica è un bisogno concreto del corpo, che una volta soddisfatte
le necessità interrompe lo stimolo e comunica sazietà. La fame emotiva
invece è più difficile da placare, perché l’impulso continua fino
all’esaurimento della fonte di emotività che l’ha fatto scattare.
4.Quando
si ha fisicamente fame, qualsiasi cibo è ben accetto, e anche un piatto
di carote può sembrare delizioso. La fame emotiva, invece, spinge a
desiderare solo quel tipo di cibo, generalmente dolce o molto saporito,
che la mente individua come consolatorio (e qui ognuno ha la sua
personale passione, inutile negarlo!)
5.Soddisfare la fame fisica
non comporta sensi di colpa, mentre dopo un’abbuffata emotiva è
inevitabile ripromettersi di riuscire a resistere la volta successiva.
6.La fame emotiva, ovviamente, deriva da un bisogno psicologico, quella fisica da una necessità corporea.
Queste
differenze sono molto utili per imparare a riconoscere la fame emotiva,
ma per valutarne l’intensità è necessario porsi alcune domande
personali: quante volte riesco a riconoscere la fame emotiva? Quante
volte la scambio per fame fisica? Quale delle due ha la prevalenza nella
mia giornata? Quante volte riesco a resistere alla fame emotiva, e in
quale altro modo trovo soddisfazione?
Una volta delineato il quadro della situazione, affrontarla sarà più facile.
Per
sconfiggere la fame emotiva bisogna riuscire a scoprire i motivi
profondi che la scatenano: molte volte, infatti, essa compare a seguito
di alcuni cambiamenti nella vita quotidiana, affettiva o lavorativa.
È
fondamentale allora riuscire a individuare quali siano stati i
cambiamenti in questione, per analizzarli razionalmente e comprenderli,
sicuramente in questo caso, il sostegno di uno PSICOLOGO esperto in
comportamento alimentare può essere utile a risolvere definitivamente la
problematica.
Fare pace con se stessi e con le proprie debolezze è
l’unico modo per sconfiggere la fame emotiva e ristabilire il giusto
rapporto con il cibo e con il proprio peso.
Credi di soffrire di "fame emotiva"?
Scrivi una mail a monicapirola@yahoo.it, descrivimi la tua situazione, insieme potremo trovare il percorso più giusto per te!
Un saluto.
Dott.ssa Monica Pirola